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Il Consiglio di Stato accoglie in parte il ricorso dell’ex Presidente di Cattolica Assicurazioni.

Prendiamo spunto per alcune riflessioni da quanto accaduto recentemente e riportato dalla “Cronaca di Verona”.
Con sentenza n. 3.106 del 2025 il Consiglio di Stato ha accolto in parte il ricorso presentato dall’ex presidente di Cattolica Assicurazioni Paolo Bedoni. Il ricorso era contro la sanzione di diverse centinaia di migliaia di euro comminata a lui e ad altri Consiglieri a fronte degli accertamenti compiuti dall’Ivass.
Erano state infatti “accertate” delle omissioni in materia di governance, gestione e valutazioni dei rischi del Gruppo. Il Consiglio di Stato ha di fatto azzerato le sanzioni e chiede a Ivass di riformularle, perché “vanno rivisti i giudizi di rilevanza delle violazioni”, scrivono i giudici per tutte e dieci le sanzioni emesse a carico di altrettanti consiglieri. La sentenza del Consiglio di Stato sta diventando un caso politico, dopo che la sentenza è stata portata all’attenzione del Parlamento dal senatore Matteo Gelmetti di FdI. Secondo Gelmetti: “Per quanto accertato dal Consiglio di Stato, IVASS impose l’aumento di capitale e quindi l’ingresso di Generali senza un fondamento giuridico adeguato. È un fatto che scuote dalle fondamenta la legittimità dell’intera operazione.” E adesso? “L’auspicio – conclude Gelmetti – è che nella nota che IVASS è tenuta a presentare alla Commissione venga fatta piena luce su quanto accaduto. Verona e il Paese hanno diritto a sapere come e perché una delle più importanti realtà assicurative italiane è stata di fatto espropriata con un’operazione che oggi, alla luce delle carte, appare sempre più come arbitraria.”
In verità nella sentenza del Consiglio di Stato la gestione delle funzioni viene ritenuta imprudente o superficiale, si sottolinea la carenza di informativa, che comprende anche la trattativa con Vittoria Assicurazione, si stigmatizza la tardiva verbalizzazione delle riunioni del Cda e la carente dialettica tra il Consiglio e gli altri organismi e così via. Fin qui l’aspetto della gestione.
Ma è nella seconda parte che il Consiglio di Stato rivede la gravità delle accuse sollevate da Ivass in merito a capitoli delicatissimi che riguardano l’aumento di capitale, la trasformazione di Cattolica in Spa, la solvibilità, la valutazione dei rischi immobiliari. Su tutti questi punti, dice il Consiglio di Stato, le contestazioni di Ivass presentano profili “incoerenti”. Punti sui quali “non emerge in modo evidente il rilevato immobilismo, quanto meno nei termini contestati, dell’organo di amministrazione in presenza di una situazione sicuramente critica ma meno allarmante di quanto prospettato” e le misure allo studio “si mostravano nel tempo efficaci”.
Per esempio: il parametro di Solvency ratio era costantemente monitorato e oggetto di dibattito; così come veniva ipotizzato un aumento di 500 milioni di euro entro il 30 giugno 2025 prevedendo un aumento nell’immediato (settembre 2020) di 200 milioni (non ritenuto sufficiente da Ivass). Ma l’accordo di partnership con Generali, rileva il Consiglio di Stato, porterà in seguito ad un aumento di capitale pari a 300 milioni di euro in parte neutralizzato dai costi dell’operazione per cui alla fine si concretizzava in 187 milioni al netto dei recessi. Per quanto riguarda il parametro di solvibilità, inoltre non emerge nei rilievi portati avanti da Ivass “una sufficiente considerazione degli effetti indotti dalla pandemia sui mercati finanziari” in quel periodo.
E così pure sui capitoli degli investimenti in H-Farm e H-Campus “non si ha evidenza in atti di un superficiale approccio da parte del Cda al tema”. Inoltre le contestazioni di Ivass sugli investimenti immobiliari sottolineano una perdita di 23 milioni ma non viene preso in grande considerazione l’importo totale del patrimonio immobiliare di Cattolica, pari a 1,6 miliardi di euro.
Alla luce di tutto questo, concludono i giudici del Consiglio di Stato, l’appello presentato dal presidente deve essere accolto in parte e di conseguenza il provvedimento sanzionatorio dell’Ivass “va annullato”. L’Istituto di vigilanza deve ora rivedere il procedimento sanzionatorio e riformularlo alla luce dei criteri che sono stati chiariti dal Consiglio di Stato, perché vanno rivisti i giudizi di rilevanza delle violazioni.
Nel frattempo qualche parlamentare ha avanzato interrogazione ai ministri Giorgetti e Urso, dove si chiede se non sia il caso di rivedere gestione e poteri di Ivass.
In effetti c’è da chiedersi se senza la contestazione di tre pilastri fondamentali come il parametro di solvibilità (tenendo conto della pandemia da Covid), gli investimenti immobiliari (nessun immobilismo), l’aumento di capitale già previsto (dimostratosi congruo), ci sarebbe stata la partnership con Generali.
Perché di fatto Verona ha perso un pezzo della sua storia.